I tagliatelli di saraceno a cura di M. Marmo

Il grano saraceno (Polygonum Fagopyrum Sagittatum) appartiene alla famiglia delle poligonacee, e quindi grano non è, anche se Giuseppe, se avesse parlato dialetto, l'avrebbe chiamato "furmentun", termine già in uso alla fine del XVI secolo ed ancora comune, che potrebbe spiegarsi come accrescitivo di furment - frumento - per sottolinearne il rigoglio e la copiosità dopo breve permanenza nella terra, ben diversamente dal cereale che richiede un periodo molto lungo per la crescita e la maturazione dei chicchi. In altre zone in italiano è denominato fraina. Pare ormai certo che l'arbusto, che si
caratterizza per una splendida fioritura di fine estate, provenga dalle regioni siberiane meridionali e che abbia raggiunto nel tardo Medioevo l'Europa, connotato anche nel nome tedesco Heidenkorn dall'essere di provenienza pagana, saracena appunto, mentre il nome, sempre tedesco, di Buchweizen, grano del faggio, fa pensare ai semi maturi, a piccole facce poligonali, che hanno una somiglianza notevole con i chicchi del grano saraceno e che, in tempi di carestia, essendo commestibili, venivano dai popoli al di là delle Alpi raccolti e macinati per ottenerne una farina scura, assai simile a quella della fraina.

Ortensio Landi nella sua opera "Catalo dell'inventario delle cose che si mangiano, et delle bevande c'heggedì s'usano", stampato a Venezia nel 1548, e quindi dopo la sua visita presso la famiglia Besta di Teglio, scrive:  "Meluzza comasca: fu l'inventrice di angiar lasagne, maccheroni con l'aglio, spetie, et cacio, di costei fu anche l'inventione di mangiar formentini, lasagnuole, pinzocheri, vivarmolo: morì di penta et honorevolmente sepolita"
 Anche nella seconda metà dell'800 vi sono testi che parlano dei pizzoccheri: (...) Vi si fa gran d'uso di farinacei e di
certe paste grossolane che si cospergono con butirro e formaggio a guisa di tagliatelli, dette Pizzoccheri, delle quali vanno assai ghiotti i Sondriesi (...)

(Tratto da Nella prima metà dell'800 i contadini mangiavano..."Tipografia statistico-medica della Prov. Di Sondrio" di Ludovico Balardini, Testo presente in UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO di Luigi de Bernardi 1994).
Le notizie più precise relative ai Pizzoccheri di Teglio le riscontriamo nel 1889 con Bartolommeo Besta, medico condotto tellino, attraverso il suo manoscritto "la inchiesta Jacini" (Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola nel 1882). Attraverso la sua testimonianza, perciò, possiamo individuare un modello di alimentazione dei produttori agricoli delle nostre valli. Sistema di approvigionamento che è basato sull'autoconsumo dei propri prodotti. Secondo il Besta i 3 piatti che come ingrediente base avevano il grano saraceno erano:  (...) "Tagliatelli, detti Pizzoccheri, bolliti nell'acqua e poi conditi asciutti con buona dose di cacio e di burro, la polenta taragnia e gli sciatt o chiscioi" (...) Questi eran dunque i tagliatelli di magro che Giuseppe, forse anche perchè preso da passioni diverse dalla culinaria, si aspettava di trovare sul desco nel giorno di magro: cibo di magro perchè senza carne, ma non certo dietetico, anche se la farina di grano saraceno ha un basso contenuto di grassi e colesterolo, ed è un'ottima fonte di proteine, carboidrati, tiamina e manganese.